Camaleontosi
lunedì 25 giugno 2012
Le promesse del lunedì
Ok, ammettiamo che l'autrice abbia avuto, da che se ne ricorda, (o almeno da quando le sue sinapsi hanno cominciato a sviluppare la memoria a lungo termine), qualche piccolo problema con la costanza e ammettiamo ancora che la pigrizia sia, purtroppo, il suo fragile tallone d'Achille e, ammettiamo per vero e non per banale scusa, il fatto che sia stata presa dal lavoro, ritenete che possa essere perdonata invece di essere destinata alla gogna come la povera Hester Prynne?!
Si, assolutamente!
Anche perchè non sono in tanti coloro che hanno potuto assistere (leggere) alle pochissime trasformazioni (o comunque gli approcci alle trasformazioni) di questo fantomatico (mica poi troppo) camaleonte.
Però l'autrice una cosa la può davvero assicurare, ci può mettere la sua manina sul fuoco: ha pensato molto, moltissimo al suo progetto che all'incirca un anno fa le sue sinapsi (stavolta quelle dell'ideazione) hanno partorito! E non ha mai smesso di sognare (sempre con le solite sinapsi)! E ora che il tempo l'ha trovato, anche se in realtà è sempre quello: non è mai nè troppo poco nè troppo (per noi uomini o scorre troppo lentamente o scivola via troppo ("troppo" parola troppo gettonata?!) in fretta! Perennemente insoddisfatti!), fa quello che ha sempre desiderato fare: scrivere.
Scrivere su questo blog.
Scrivere le trasformazioni che in questi, all'incirca, 365 giorni (in realtà 366 perchè anno bisestile), ha sperimentato, vissuto e che l'hanno cambiata.
Scrivere per condividere, confrontarsi, liberarsi l'anima, alleggerirla da tutte quelle esperienze positive e negative che la vita le ha messo dinnanzi fino a questo momento.
L'autrice ha deciso che farà coincidere questo inizio (lunedì 25 giugno 2012) da una precisa data, l'inizio di un'avventura: lunedì 10 ottobre 2011 (non sono solo le diete a cominiare di lunedì). E di lì in avanti, per altri 365 giorni!
E allora buon divertimento!
giovedì 8 settembre 2011
L'umore: questo misterioso uomo in frack
“Il
magnesio è una sostanza naturale capace di agire a livello delle cellule
nervose come stabilizzante del tono umorale alleviando gli stati di ansia e
depressione.”
Questa è una
frase effetto trovata sulla confezione di un assorbente!
Dunque,
basta assumere nella propria dieta un po’ di magnesio e serotonina (anche nota
come l’ormone della felicità) e voilà l’umore è appagato: tutti vivono felici e
contenti.
Addio bronci. Adieu piagnistei. Good
bye tristezza.
Ma a pagare il salassato conto (tutto ha un prezzo, questo si sa) è il nostro, ancora più felice di noi, tessuto adiposo. In modo particolare quello delle natiche...
Ma a pagare il salassato conto (tutto ha un prezzo, questo si sa) è il nostro, ancora più felice di noi, tessuto adiposo. In modo particolare quello delle natiche...
Eh già.
Questi naturali elementi chimici, indovinate un po’ dove alloggiano
preferibilmente?
Ovvio
no?!
Cioccolato.
C I O C C
O LA T O: che termine meraviglioso.
Gustoso.
Delizioso.
C I O C C
O LA T O.
Già solo
a pronunciarlo si sta bene!
C I O C C
O LA T O.
In poche
parole il cioccolato è la cura dell’umore, e l’ingrasso dei culi... Tutti i
culi: nessuno ne è immune, nemmeno
quello dei maschietti.
L’umore.
Singolare
enigma. Dicono (l’autrice dissente e si discosta da questo generico pensiero)
sia stato, di tutto punto, inventato dalle donne per motivare un costante e brusco cambiamento di stati d’animo manifestantesi soprattutto
durante la fase antecedente il ciclo mestruale (anche nota come sindrome
premestruale)... E non solo (quest’ultimo è un punto di vista prettamente
maschile)!
Ciò è
vero se gli uomini considerassero a cosa siamo soggette all’incirca ogni ventotto
giorni. Una valangata di ormoni, estrogeni e progesterone, che vengono riversati
nel torrente sanguigno dalle nostre gonadi, su e giù per tutto il corpo: ecco a
cosa siamo soggette.
Ora,
l’autrice potrebbe affermare che gli uomini sono limitati, che non comprendono e
non si sforzano nemmeno di capire il mondo femminile, ma così facendo
apparirebbe di parte e verrebbe subito additata come una femminista dai
maschilisti. Dunque, poichè l’autrice, è sì una donna, ma vuole essere imparziale
e non vuole cadere nel banalissimi clichè riguardanti l’eterna lotta tra donna
e uomo, si limiterà a non commentare oltre quest’argomento.
Dunque si
cercava di capire, di dare un senso all’umore.
Certamente
non è la donna l’artefice di un cambiamento di umore che può essere
repentino, anche all’interno di una sola giornata (mea culpa: in questo noi
donne siamo espertissime maestre), o che le alterna in tempi relativamente più
lunghi.
Sbalzi
d’umore li ha chiamati qualcuno.
Lunaticismo
ha annunciato qualcun altro.
Certo è
che quest'altalena emotiva non ha mai portato giovamento
ad alcuno: nè all’attore che indossa i panni del: “Sono felicissimo, la mia
vita è super! E’ top. E’ yeah!” per poi affermare: “Voglio solo morire di
stenti.”; come d’altro canto non gioisce il malcapitato spettatore che assiste
sgomento ad un simile teatrino di pura follia! E non si deve affatto escludere che
le due parti possano capovolgere i ruoli da un momento all’altro.
E allora
che dire?
Cosa fare,
come comportarsi?
Ci si
deve preoccupare dello spettatore perchè non resti troppo scottato dalla vostra
sublime interpretazione che fa quasi paura?!
O ci si
deve lasciar soggiogare dall’umore, questo misterioso uomo in frack (è così che
l’autrice lo immagina) che con uno sguardo accattivante come non mai ti invita
a seguirlo, non si sa dove, nè perchè?!
Sembra
una bomba ad orologeria: può scoppiare non si sa come, nè quando!
Respirare.
In questi
momenti si deve respirare.
Chiudere
gli occhi e respirare.
Chiudere
gli occhi, svuotare la mente e respirare.
Inspira
ed espira.
Inspira
ed espira.
Respirare.
Quando
finalmente si è consci di aver scongiurato un attacco d’ansia o una crisi di
pianto, bè allora si è pronti per poter divorare un stecca di cioccolato e
ingurgitare avidamente quintalate di magnesio e serotonina!
Che
credevate?!
Non
esistono mica altri rimedi...
La
scienza non sbaglia mai.
O quasi
mai!
lunedì 5 settembre 2011
La genesi della Camaleontosi.
Bene.
E’ arrivato il momento di riprendere (anche se forse sarebbe più appropriato dire: avviare) questo blog. Dopo una “apri-presentazione” di un immaginario Camaleonte che appare dapprima infelice per la sua ambizione a voler essere tutto tranne che se stesso, per poi ritrovarsi incredulamente stra gioioso di essere esattamente quel che è, e dopo che la sua compagna sembra avergli detto “Ciao. Arrivederci!” (all’autrice non piacciono troppo gli addii, pensa che si dovrebbero dispensare alla fine della propria vita), a questo punto viene spontaneo chiedersi: come mai l’idea di un blog? Perchè ha un titolo così insolito? Cosa c’entra un Camaleonte?
Dunque, l’idea del blog nasce dalla passione che ha l’autrice di scrivere. Ama scrivere. Semplicemente è l’espressione di sè. Le parole quando scorrono su un foglio, elettronico o cartaceo che sia, scivolano dalla mente alle mani con una velocità proporzionale a quella di un singolo fotone di un raggio luminoso che raggiunge la superficie terrestre (deviazione professionale: autrice scienziata).
Questa sua passione per la scrittura l’ha portata a mettere nero su bianco tutti i suoi pensieri. In modo particolare i pensieri riguardanti le relazioni!
Quale tipo di relazioni?
Ogni genere di realzione: dall’amore all’amicizia, dal rapporto madre-figlia ad un casuale, fortuito incontro con un perfetto sconosciuto...
Ed è qui che nasce il problema del titolo “Camaleontosi”.
Dunque cosa hanno a che fare i rapporti umani con i camaleonti?
Tutto nasce (almeno così ricorda l’autrice) da un’altra storia, non inventata, ma reale.
Il titolo (l’autrice lo riconosce), è frutto di uno strano ragazzo pazzo che un giorno, mentre delirava con la propria ragazza pazza (anch’essa con la sua buona dose di stranezza), di un pinguino che trasformandosi in un pesce finiva con il divenire un camaleonte, le disse con enfasi:
“Perchè non scriviamo un romanzo di fantascienza e lo intitoliamo Camaleontosi?”.
Ora, l’autrice (la strana ragazza pazza), che non s’intende per niente di fantascienza, ma solo di scienza e realtà, un giorno, riflettendo sulle relazioni, ha ricordato quella discussione, quel titolo.
La lampadina di Archimede le si è accesa: i rapporti nascoscono con la nascita di un individuo (nel nostro caso la specie umana) e insieme all’Uomo crescono: subiscono cambiamenti, si modellano, sopravvivono, rischiano e sfidano la Vita. Sono in continua trasformazione, l’Uomo e le relazioni. Insieme. Sempre. Una trasformazione che le ha ricordato un camaleonte. Citando il racconto della stessa autrice “Il Camaleonte”: [... Hanno questa straordinaria capacità di cambiare colore a seconda della situazione in cui si trovano...]. E così l’ autrice, strana ragazza pazza, ha pensato bene di utilizzare quell’ assurdo titolo di un romanzo mai scritto.
Che altro dire?
L’autrice ha cercato di motivare, di dare una risposta ai perchè... No, non della vita! Magari.
Solo al suo blog.
Allora l’autrice, strana ragazza pazza, nonchè la Camaleontina che ha detto “Ciao, Arrivederci.” al suo non più Camaleonte, vi augura buona lettura!
venerdì 24 giugno 2011
Il camaleonte
C’era una volta un camaleonte che non voleva essere un camaleonte.
Avrebbe desiderato essere qualsiasi altra cosa, ma non un camaleonte.
Una volta, disteso a pancia all’aria su di un albero, mentre pensava alla sua triste condizione di camaleonte, fu distratto da qualcosa che roteava nell’immensità del cielo.
“E’ un Aquila!” gli disse qualcuno.
In quel momento, più di qualsiasi altra cosa, desiderò profondamente essere quell’Aquila.
Desiderò con tutto se stesso di potersi librare nel più alto dei cieli: da lassù avrebbe potuto guardare tutto e tutti: allora sì che sarebbe stato felice...
Ma il suo desiderio fu in parte realizzato: divenne celeste come il cielo.
Quando poi si ritrovò a passeggiare nel fitto di una foresta, mentre cercava di capire il perchè era nato proprio camaleonte, si bloccò di fronte ad una grande massa nera in cui lucevano due piccolissimi fari verdi.
“E’ una pantera!” gli disse qualcun altro.
Allora desiderò con tutto se stesso di poter sollevare le sue zampe e correre, correre, correre.
Via. Veloce. Lontano. Verso destinazioni ignote e misteriose: allora sì che sarebbe stato felice...
Ma anche quella volta il suo desiderio si realizzò solo in parte: divenne nero, più nero della notte.
Quando, invece, fece visita al mare, avrebbe desiderato essere più di qualsiasi altra cosa un pesce per scoprire gli abissi inesplorati.
Divenne blu oceano.
Giunse ad una triste conclusione: non c’era niente da fare: purtroppo non poteva essere, e non sarebbe mai stato, qualsiasi altra cosa. Poteva essere, e sarebbe per sempre stato, un camaleonte. Solo un triste camaleonte che non voleva essere un camaleonte dai mille colori.
“Che rottura!” pensò.
“Che figata!” disse la donna che lo reggeva tra le braccia.
A quella donna le avevano regalato quel camaleonte che non voleva essere un camaleonte e che non si era nemmeno preoccupato di mimetizzarsi per non farsi riconoscere: non gli importava nulla: sapeva che non sarebbe cambiato nulla. A parte il colore della sua pelle.
“Adoro i camaleonti! Hanno questa straordinaria capacità di cambiare colore a seconda della situazione in cui si trovano: è incredibile come riescano ad adattarsi agli ambienti più disparati. Se fossi un animale vorrei essere di sicuro un camaleonte!
C’è un pericolo? Loro lo valutano e lo affrontano cambiando colore!
E se si ripresenta?! Voilà: ricordano il colore da indossare.
Loro sì che sanno affrontare la vita: semplicemente ci colorano su.”
Quel camaleonte, che non voleva essere un camaleonte, divenne rosso per la timidezza.
Poi giallo per la gioia.
Poi arancione come il vestito della donna.
Poi lillà come le pareti della casa.
Da allora non smise più di colorare e divenne un camaleonte strafelice di essere un camaleonte.
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